Il contagio da COVID-19 avvenuto sul posto di lavoro, nel tragitto casa-lavoro o in qualsiasi altra situazione ad esso collegabile viene riconosciuto a tutti gli effetti come infortunio sul lavoro.
E’ uno dei punti fondamentali introdotti dal Decreto Cura Italia approvato il 16 marzo 2020 dal Consiglio dei Ministri e dà una doverosa risposta soprattutto (ma non solo) a tutti gli operatori sanitari, categoria sicuramente fra le più a rischio.
Il decreto stabilisce infatti che il contagio è infortunio nei casi accertati di infezione da coronavirus, non solo sul luogo di lavoro ma in qualsiasi caso si verifichi per via del lavoro.
In questi casi il medico redige il consueto certificato di infortunio da inviare telematicamente all’INAIL, che garantisce la tutela dell’infortunato anche per tutto il periodo di quarantena.
Il decreto legge prevede anche una sorta di “sanatoria” per i certificati trasmessi prima dell’entrata in vigore della nuova norma, ritenendoli comunque validi.
La nuova tutela di malattia non comporta oneri a carico dei datori di lavoro, tenuti a pagare retribuzione piena i primi tre giorni e aliquote diverse a seguire, né dell’Inps che eroga l’indennità di malattia, in quanto il costo ricadrà sulla fiscalità generale fino al limite di 130 milioni di euro.
Gli enti previdenziali provvederanno a monitorare il tetto di spesa, raggiunto il quale, anche in via prospettica, non sarà più riconosciuta la tutela e non verranno prese in considerazione altre domande.
A favore dei dipendenti pubblici e privati con gravi disabilità, patologie oncologiche, terapie salvavita o immunodepressioni gravi, il decreto prevede la possibilità di restare a casa fino al 30 aprile prossimo, equiparando l’assenza dal lavoro al ricovero ospedaliero.
La quarantena, così come stabilito dal decreto, è equiparata a malattia. La norma, VALIDA SOLO PER IL SETTORE PRIVATO prevede che il periodo trascorso in quarantena, con sorveglianza attiva e/o permanenza domiciliare fiduciaria, sia equiparata a malattia ai fini del trattamento economico e non è computabile ai fini del periodo di comporto (il periodo di malattia durante il quale non si può essere licenziati).
La nuova tutela non determina un aumento diretto dei premi assicurativi.