IL D. Lgs. 231/2001 ha introdotto importanti novità nell’ordinamento italiano, tra cui la responsabilità amministrativa a carico degli Enti (società) per diversi reati commessi da persone fisiche che coprono ruoli di rappresentanza, direzione e amministrazione e da chi, di fatto, esercita poteri di gestione, controllo, direzione e vigilanza.
L’accertamento della responsabilità dell’ente presuppone la commissione, o il tentativo di commissione, da parte di una persona fisica, di uno dei reati previsti dal D.Lgs 231/01: i reati presupposto.
Per essere considerato, il reato dev’essere commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente; pertanto l’ente non risponderà se gli autori del reato hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
Con la modifica ad opera della legge 3 agosto 2007 n. 123 (poi modificata dal D.Lgs 81/08) sono stati inseriti nel novero dei reati presupposto, previsti dal D.lgs 231/01, l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose commessi in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
I nuovi reati introdotti, avendo natura colposa, coinvolgono soggetti e realtà imprenditoriali che prima erano del tutto estranee alle ipotesi di reato previste prima della riforma del 2007.
Va da sé, quindi, che ogni Impresa, indipendentemente dalla tipologia di lavoro e dalle dimensioni, si organizzi per evitare che l’organizzazione aziendale lesini sulla prevenzione esponendo i lavoratori ai rischi di infortunio o malattia.
L’art. 30 del testo unico sulla Sicurezza è oggi l’imprescindibile norma di riferimento per qualunque azienda voglia dotarsi di un modello organizzativo idoneo a tutelare la società in caso di infortunio. Il modello organizzativo “difende” la società nell’ambito del processo penale.
Dal punto di vista giuridico, il modello 231 non è obbligatorio, tuttavia rimane la responsabilità dell’impresa in caso di illeciti!
Tutte le aziende esposte a rischio contestazione possono sottoscrivere il modello 231, anche le PMI.
Pur essendoci un forte legame tra Sistemi di Gestione (SGSL) (art.30 D.Lgs 81/08) e Modelli Organizzativi di Gestione (MOG) (D.Lgs 231/01), va sottolineato che quest’ultimo deve necessariamente prevedere sia “un sistema disciplinare volto a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”, sia un Organismo di Vigilanza (OdV) atto a garantire “un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneita’ delle misure adottate”.
Nel SGSL è sicuramente previsto il controllo ma non passa attraverso l’OdV; così come non risulta cogente, in caso di “non conformità”, applicare sanzioni per il mancato rispetto di quanto previsto.
In entrambi i casi si tratta di strumenti non statici ma dinamici, capaci di adeguarsi alle reali necessità, cioè a qualsiasi mutamento nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
Il sistema così delineato si contraddistingue sempre più perché l’adozione di modelli organizzativi diventa non solo una scelta giuridica, finalizzata ad evitare la condanna, ma soprattutto una scelta ed un’evoluzione organizzativa.